Quando Andy Warhol si unì al grido per i terremotati dell’Irpinia: “Fate presto!”

Il 26 novembre 1980 il quotidiano “Il Mattino” di Napoli titolava in prima pagina “Fate presto”: erano passati già tre giorni dal terremoto che aveva distrutto l’Irpinia ma il Paese faceva ancora fatica a rendersi conto delle dimensioni del disastro. Ecco allora quello strillo a caratteri cubitali per chiedere soccorsi, urgenti, immediati alle popolazioni sepolte dalle macerie del terribile sisma. Quella prima pagina verrà immortalata dal padre della Pop Art in un’opera simbolo della tragedia.

Lucio Amelio

Lucio Amelio

Lucio Amelio, gallerista e mecenate napoletano, figura centrale nel mercato dell’arte contemporanea internazionale a partire dalla metà degli anni Sessanta, grande appassionato e esperto di Pop Art, decide di interpellare alcuni artisti commissionando loro opere che potessero raccontare e dare un senso a questo tragico evento.
Pensò dunque di coinvolgere 66 artisti internazionali in una collezione-mostra dal titolo TerraeMotus, tra questi Robert Mapplethorpe, Mimmo Paladino, Tony Cragg, Enzo Cucchi, Luciano Fabro, Gilbert & George, Gerhard Richter, Emilio Vedova e molti altri.

E, naturalmente, Andy Warhol che già a partire dal 1976 e proprio su invito di Amelio aveva avuto modo di conoscere da vicino Napoli e la Campania e il carattere del suo popolo, durante una serie di soggiorni. La mostra collettiva che ne risultò fu presentata nel 1984 a Villa Campolieto di Ercolano e attualmente si può ammirare in maniera permanente nello spazio espositivo della Reggia di Caserta.

“Un fatto, anche se scioccante non diventa notizia finché non è tradotto in un titolo”

Amelio volò a New York per portare alla Factory una mazzetta composta da ritagli, articoli e prime pagine dei giornali che, all’indomani del sisma, avevano raccontato la tragica storia. Warhol scelse la prima pagina del 26 novembre 1980 de “Il Mattino” che divenne la base per un enorme trittico, completato l’anno successivo e parte della sua serie “Headlines”. Per realizzare l’opera, che porta come titolo quella stessa espressione giornalistica, “FATE PRESTO”, l’artista americano lavorò sul formato e sui toni cromatici dell’originale creando tre tele monumentali che riecheggiano l’enormità del disastro e amplificano quel doloroso SOS.

L’esperienza stringe ancora di più il legame tra Andy Warhol e questa terra e qualche anno più tardi tornerà a riflettere sulla forza devastante degli elementi proprio attraverso la sua personale rilettura in chiave pop della più classica tra le vedute napoletane, con “Vesuvius”, in cui i colori sgargianti dell’eruzione alludono allo stesso tempo all’incontenibile forza distruttrice del vulcano ma anche alla capacità rigeneratrice della natura.