Ieri il collega ‪Marco Sacchi‬ ci ha lasciato. Una perdita tragica e improvvisa. Nella sua lunga carriera alla Rai ‪Tgr Sicilia‬ aveva documentato i più gravi fatti di mafia che hanno segnato Palermo tra il 1981 e il 1992, ed era uno dei primi operatori arrivati a ‪Capaci‬ il giorno della strage. È stato così nostro prezioso compagno di viaggio nei giorni, appena trascorsi, in cui Rainews24 ha ricordato ‪Giovanni Falcone‬.
Marco ha rivissuto insieme a noi, per la prima volta da quel terribile, gli attimi tragici in cui l’obiettivo della sua telecamera registrava la devastazione lasciata da un’esplosione inaudita. Ha ricordato “l’odore acre dell’aria e il silenzio” pesante come un macigno, la “violenza e la cattiveria mai viste” di quell’attentato con estrema generosità. Perché ritornare a quel giorno per lui non è stato facile. Ma ricordare quello che “hanno fatto a Giovanni” è stato più forte della paura di rivivere quei momenti. Ci siamo sentiti martedì mattina, il giorno dopo le celebrazioni per Falcone. Era ancora scosso dal fardello ritornato a galla, ma “felice per come abbiamo raccontato” l’amico giudice. “Poi c’è stato Paolo (Borsellino) …” mi ha detto. Ci siamo salutati con un “a presto”. Quella che segue è la sua testimonianza a‪#‎Files24‬ registrata il 12 maggio a Palermo. Ancora grazie Marco.

Intervista a Marco Sacchi

Sacchi è stato uno dei primi operatori ad arrivare sul luogo della strage

“Una cattiveria mai vista prima”

Parla Marco Sacchi, operatore Rai

Intervista di Elisabetta Marinelli, Rainews24
Registrata a Palermo, il 12 maggio 2016

Marco tu sei stato uno tra i primi operatori ad arrivare sul luogo della strage, raccontami il viaggio per arrivare a Capaci e i momenti in cui ti sei avvicinato proprio al punto dell’esplosione…

Siamo stati allertati della strage in tempi molto brevi ma sull’autostrada le forze dell’ordine non ci hanno permesso l’accesso e quindi abbiamo girato verso la statale…Dopo pochi minuti però siamo rimasti bloccati e già da lì abbiamo incominciato a capire che c’era qualcosa di grosso. L’allarme che era arrivato era che c’era stato un attentato, forse un qualcosa alla cementeria – non si sapeva bene -.
Ma quando abbiamo visto tutto bloccato abbiamo capito che la cosa era veramente grave. Il mio collega Mario Bellina mi ha detto “Marco l’unica cosa che puoi fare è prendere una moto, vedere…fermare qualcuno e andare con questa”; ho fermato un ragazzino in motorino, gli ho dato 50mila lire- quello felice… – mi ha accompagnato, per arrivare abbiamo perso un sacco di tempo perché non si passava materialmente. Dallo svincolo dell’autostrada al punto dell’esplosione sono un due…trecento metri… già li incominciavo a vedere pezzi di asfalto, andando avanti capivo che stavo entrando nella storia – questa è una sensazione che ho avuto subito, cosa che non è normale, perché generalmente si sa più o meno cosa si va a girare- mi sono reso conto che era la strage di Falcone, era una pagina della storia non solo siciliana. Andando avanti con la telecamera in spalla… ecco, lì uno si ferma perché il nostro lavoro purtroppo in questi casi è girare e quindi ci si concentra su questo… andavo a cercare i particolari per non saltare nulla. Mi ricordo poliziotti con le mani nei capelli, anche se era già passato un po’ di tempo dall’esplosione, la gente che girava su questo cumulo di terra – io il foro non lo vedevo, non vedevo la frana…vedevo solo la macchina schiantata – sembrava anzi integra. Ricordo il guard rail che sembrava un fillo allargato, era rimasto sano, e….e poi l’odore, un odore acre…mi dicevano che era l’esplosivo… io non sono un esperto, ma c’era però questo odore strano ancora così nell’aria dopo che era passato tempo dalle esplosioni… E ricordo il silenzio…eravamo sull’autostrada, a poche centinaia di metri c’erano un sacco di persone…eppure tutto era silenzioso…l’unica cosa che rompeva questa atmosfera era l’elicottero che voleva sopra di noi, costantemente…Mi torna in mente anche il lampione che si era staccato, poi l’oscurità che stava arrivando…

Com’erano i volti delle persone che erano lì?
Tutti scioccati – cioè compresi noi che devo dire…tutti gli operatori in Sicilia, purtroppo, sono passati da una guerra di mafia negli anni ’80. Io sono entrato in RAI nell’81, dall’81 al 93 ne abbiamo viste di tutti i colori. Ma, devo dire, mai una cosa del genere, cioè una cosa che va al di là di qualsiasi immaginazione di violenza, di cattiveria…

Qual è l’immagine che ti è rimasta più impressa da allora?
Ma forse..forse quel poliziotto con le mani nei capelli – anche se lontano perché non ci potevamo avvicinare molto – perché c’era già stato il primo sbarramento – e vedere queste persone che giravano sopra questo cumulo di.. questo mi è rimasto in testa perché questo si fa al momento subito dopo e invece ancora dopo parecchio tempo c’era questa gente che girava come… [EM: era come se le immagini fossero in bianco e nero, vero? in quel momento] Sì sì, anche se noi poi eravamo – devo dire – sempre concentrati su come fare immagini, sapevamo che non potevamo avvicinarci – e però oltretutto ero senza cavalletto, senza niente perché ero arrivato con il motorino, quindi cercare di stare fermi, respirare in una certa maniera – ma in tutto questo ero emozionatissimo, ero emozionatissimo perché sapevo di essere una pagina di storia.

E poi conoscevi Falcone e la moglie, tu…

Marco Sacchi, operatore RAI

Marco Sacchi, operatore RAI

Sia Falcone sia la moglie noi ogni settimana, una o due volte, li andavamo a sentire. Oppure li incontravamo perché se andavamo al tribunale c’era lui – ricordiamoci anche il Maxiprocesso…è stato una pagina anche quella di storia importantissima…fu lui a gestire tutto -.Io non sono mai stato in zone di guerra, qualche volta all’estero in zone a rischio, ma mai in zone di guerra, non ho mai sentito una bomba scoppiare. Però la guerra che abbiamo visto noi, in Sicilia, era una guerra di mafia che ci ha fatto vedere morti di tutti i tipi e parecchi di loro li conoscevamo: magistrati, giornalisti, tante persone che erano, non dico amici, ma gente che frequentavamo normalmente…non erano nomi per noi, erano persone, noi ce li salutavamo; per esempio, gli uomini della scorta ci conoscevano, ci facevano avvicinare subito a Falcone, a Borsellino, perché ci conoscevano e noi conoscevamo loro. Nel ’92 non c’erano i telefonini, sapevamo solo che era successo qualcosa, non sapevo se Falcone era morto, non sapevo se la signora Francesca era morta…ho saputo poi che sono morti in ospedale…è stata una cosa tragica…tragica…