Files 24: Giovanni Falcone, la parabola di un servitore dello Stato
Le inchieste di Giovanni Falcone
Per raccontare Giovanni Falcone, la sua parabola di uomo e di servitore dello Stato, Files24 ha scelto due punti di vista diversi ma complementari. Angelo Saso ha intervistato l’allora Ministro della Giustizia Claudio Martelli, che fu colui che chiamò Falcone a dirigere l’Ufficio affari penali del Ministero e che con lui visse gli ultimi mesi prima della strage del 23 maggio 1992. Elisabetta Marinelli è invece tornata sui luoghi dove Falcone è vissuto ed è morto, tra la Kalsa di Palermo e quella striscia di autostrada che lambisce Capaci e che ancora conserva l’eco del boato e l’odore del tritolo che spezzò tante vite. In Sicilia abbiamo raccolto il racconto di testimoni d’eccezione, come i colleghi della Rai di Palermo Salvatore Cusimano e Marco Sacchi che furono i primi a filmare e a raccontare agli Italiani ciò che stava accadendo.
Quella che segue è la cronaca di una strage, preceduta dalla rievocazione e dall’analisi degli avvenimenti che – come puntini da unire in uno sforzo enigmistico – delineano la storia di un uomo e di un pezzo importante della storia del nostro Paese.
L’uomo venuto dal Brasile
Giovanni Falcone, ovvero il primo magistrato che è riuscito a guardare dentro le regole e le architetture di potere di Cosa Nostra, decifrandone la lingua impalpabile e spesso incomprensibile, almeno per i non siciliani. Il salto di qualità, la chiave con la quale con pazienza Falcone aprirà una a una le porte del labirinto che custodisce i segreti di Cosa Nostra, arriva alla fine del 1983, quando a San Paolo del Brasile viene arrestato Tommaso Buscetta, esponente di spicco della “mafia perdente” dei Bontade, dei Badalamenti e degli Inzerillo. Il “boss dei due mondi” – così viene chiamato Buscetta per le sue entrature di primissimo livello ai vertici delle organizzazioni criminali di almeno due continenti – ha appena perso 12 parenti stretti, tra i quali anche due figli nella “Seconda guerra di mafia” scatenata dai Corleonesi all’inizio degli anni ’80.
Pur di non consegnarsi alle forze dell’ordine tenta di corrompere i poliziotti e poi addirittura cerca di suicidarsi ingerendo stricnina. Tutto vano: su richiesta delle autorità italiane Buscetta viene estradato e atterra a Fiumicino il 15 luglio del 1984.