Il Maxiprocesso: un processo-Monstre
L’ordinanza-sentenza che porta alla sbarra gli uomini di Cosa Nostra reca l’intestazione: “Abbate Giovanni + 706”. E’ lunga circa 8.000 pagine e valuta la posizione di 707 indagati; di essi, 476 furono rinviati a giudizio.
Il 10 febbraio 1986 – in un’aula bunker fatta costruire appositamente nel Carcere dell’Ucciardone perché il processo alla mafia potesse essere celebrato a Palermo – si affollano oltre 300 imputati, 200 avvocati difensori e 600 giornalisti da tutto il mondo. Dietro le sbarre ci sono boss del calibro di Luciano Leggio, Pippo Calò, Michele Greco, Leoluca Bagarella e Salvatore Montalto. Imputati ma ancora latitanti sono Salvatore Riina e Bernardo Provenzano. Tra le accuse contestate c’era l’associazione mafiosa – introdotta da pochi anni – 120 omicidi, traffico di droga, rapine, estorsioni.
Quello che si apre quel giorno è un processo senza precedenti in Sicilia, in Italia, in Europa.